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Import-Export: il fragile equilibrio dei flussi globali nel terzo trimestre 2025

Rallentamento della domanda globale, impatto dei dazi e segnali di resilienza industriale delineano il quadro del commercio internazionale
30.10.2025

Nel panorama del commercio internazionale, il 2025 si sta rivelando un anno di transizione e riequilibrio. Dopo una prima parte in cui le economie avanzate hanno registrato ritmi di crescita positivi, la seconda metà dell’anno mette in evidenza un quadro più complesso: la domanda globale rallenta, l’effetto dei dazi statunitensi inizia a farsi sentire sulle esportazioni europee e il ciclo industriale resta in cerca di nuovo slancio.

In questo contesto, lo scenario macroeconomico di settembre elaborato dal Research Department di Intesa Sanpaolo rileva come i flussi di import-export stiano attraversando una fase di stabilizzazione: l’Europa resiste, ma senza slanci, mentre l’Italia mantiene un profilo di crescita contenuto grazie al contributo di settori e mercati extra-UE più dinamici. I prossimi mesi saranno cruciali per comprendere se l’accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti, raggiunto a fine luglio, riuscirà a consolidare la fiducia e ad attenuare l’impatto dei dazi, o se le tensioni commerciali inizieranno a pesare maggiormente sull’attività manifatturiera.

L’articolo analizza i principali trend dei flussi commerciali nel terzo trimestre 2025, con uno sguardo specifico all’andamento dell’economia europea, all’impatto dei dazi sull’export italiano e ai segnali di stabilizzazione per l’industria che emergono nonostante un contesto globale ancora incerto..


 

L’ECONOMIA EUROPEA RESISTE, MA IL COMMERCIO RALLENTA
 

Dopo un primo semestre in media migliore delle attese, la crescita dell’area euro inizia a mostrare segnali di rallentamento, condizionata da una domanda globale in indebolimento e da un contesto commerciale appesantito dai dazi statunitensi.

Il PIL dell’Eurozona è atteso crescere dell’1,2% nel 2025, una revisione al rialzo rispetto alle stime precedenti, grazie ai buoni risultati dei primi mesi dell’anno. Tuttavia, il ritmo di espansione dovrebbe rallentare nella seconda parte, in un contesto in cui le esportazioni iniziano a risentire della frenata della domanda mondiale.

L’accordo commerciale raggiunto tra Unione Europea e Stati Uniti a fine luglio ha contribuito a ridurre parte dell’incertezza che aveva frenato i mercati nei mesi precedenti, stabilizzando il dazio medio effettivo sull’export europeo verso gli USA intorno al 14% con un impatto diretto sul PIL dell’area euro quantificabile in circa -0,3%, distribuito su un orizzonte biennale.

Nei prossimi mesi, l’effetto dei dazi si farà sentire più chiaramente sui dati di attività, con una possibile contrazione dei volumi commerciali a partire dal secondo semestre. La domanda interna, sostenuta dai precedenti tagli dei tassi e dall’espansione fiscale in Germania, potrebbe compensare parzialmente la debolezza dell’export, ma un ritorno a ritmi di crescita moderati è atteso solo dal 2026.


 

GERMANIA: RIBILANCIAMENTO INTERNO E IMPATTO DEI DAZI
 

La Germania, principale economia dell’Eurozona e hub industriale europeo, sta ancora attraversando una fase di debolezza. Dopo un primo semestre caratterizzato da forti oscillazioni, il PIL tedesco dovrebbe crescere dello 0,3% nel 2025, con un rimbalzo all’1% solo nel 2026.

Nel terzo trimestre 2025, l’export dovrebbe iniziare a risentire maggiormente dell’aumento dei dazi statunitensi, con un livello medio effettivo stimato intorno al 14%. Tale incremento, unito all’apprezzamento dell’euro e alle note difficoltà strutturali del settore, pesa sulle esportazioni manifatturiere, soprattutto nei comparti automobilistico e meccanico. Tuttavia, le prospettive di stabilizzazione della domanda interna — sostenuto dagli incentivi fiscali nel settore dei beni strumentali e dai programmi di investimento infrastrutturale — rappresenta un elemento di sostegno.

Le indagini di fiducia mostrano un progressivo miglioramento delle aspettative nel comparto manifatturiero, suggerendo che la fase più acuta della crisi industriale potrebbe essere stata superata. Gli investimenti in tecnologia e armamenti, stimolati anche dalle nuove misure pubbliche, contribuiscono a creare le condizioni per una ripresa più solida a partire dal 2026.


 

FRANCIA: EXPORT SOSTENUTO DAI SETTORI AERONAUTICO E NAVALE
 

In Francia, il commercio estero mostra una dinamica diversa rispetto al resto dell’Eurozona. L’esposizione limitata ai dazi statunitensi (con un impatto stimato di appena -0,2% sul PIL) consente al Paese di mantenere una posizione relativamente più favorevole.

La crescita del PIL francese per il 2025 è stimata allo 0,7%, grazie al contributo positivo dell’export aeronautico e navale, che dovrebbe beneficiare della ripresa nelle consegne di Airbus e dell’attività nella cantieristica navale. Tuttavia, la domanda interna resta debole, frenata da un contesto politico più incerto e da un aumento dei costi di finanziamento.

Nonostante questi fattori, la Francia mantiene un ruolo chiave nella tenuta dell’export europeo, fungendo da traino in alcuni comparti ad alta tecnologia e nei beni di lusso, settori in cui le imprese italiane e francesi continuano a cooperare all’interno delle catene del valore continentali.

nave cargo

 

 

 

ITALIA: CRESCITA DEBOLE E EXPORT SOTTO PRESSIONE

L’Italia affronta il secondo semestre del 2025 in un contesto di crescita moderata e pressioni esterne crescenti. Le stime indicano un PIL in aumento dello 0,5% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, con una revisione al ribasso di due decimi rispetto alle previsioni precedenti.

La debolezza dell’export e la lentezza dei consumi restano i principali freni. Dopo un primo trimestre positivo (+0,3% t/t), il secondo ha segnato una contrazione (-0,1% t/t), riportando il PIL in territorio negativo per la prima volta in due anni.

Le esportazioni, che avevano beneficiato a inizio anno di consegne anticipate verso gli Stati Uniti per evitare l’entrata in vigore dei nuovi dazi, hanno poi registrato un calo nel trimestre primaverile (-1,7% t/t). L’effetto pieno dei dazi USA, ora stimati al 13,8% sulle vendite italiane (rispetto al 2,5% pre-Trump), non si è ancora manifestato completamente, ma il picco degli impatti è atteso tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026.



I NUMERI DELL’IMPORT-EXPORT ITALIANO

Nel dettaglio, i dati di agosto sul commercio estero hanno evidenziato un calo delle esportazioni (-2,7% m/m), anche se inferiore a quello registrato dalle importazioni (-3,7% m/m). Le esportazioni mostrano un aumento verso l’area UE (+2,1% m/m) non in grado di compensare la pesante flessione delle vendite verso l’area extra-UE (-7,7% m/m).

In particolare, su base annua l’export verso gli Stati Uniti è calato del -21,1%, anche per via dell’inversione del processo di anticipazione delle consegne di inizio anno in vista dell’annuncio dei dazi statunitensi.

Nei primi otto mesi del 2025 le esportazioni restano comunque in crescita del 2,6% rispetto ad un anno prima trainate da:

  • Farmaceutica (+34,8%);
  • Mezzi di trasporto ad esclusione degli autoveicoli (+12,1%);
  • Metalli di base (+4,8%);
  • Agroalimentare (+4,8%).

In calo, invece, autoveicoli (-9,3%) e prodotti petroliferi (-15,6%).

Il saldo commerciale italiano si è attestato a +2,1 miliardi di euro ad agosto (da +1,3 miliardi un anno prima), grazie anche al calo dei prezzi energetici che ha ridotto il deficit energetico a -3,4 miliardi da -4,1 miliardi di agosto 2024.

L’import dagli Stati Uniti continua a registrare solidi ritmi di crescita, +68,5% su base annua, dovuto in gran parte ad anticipi di consegne nel comparto farmaceutico, in concomitanza con le tensioni legate ai dazi reciproci UE-USA.



L’IMPATTO DEI DAZI USA SULL’ECONOMIA ITALIANA


L’effetto dei dazi americani si farà sentire in modo più evidente tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026. Il loro impatto potrebbe valere circa -0,3% di PIL distribuito su due anni.

Per il commercio estero italiano, l’effetto complessivo sarà quindi negativo ma non drammatico. Il contributo del commercio estero al PIL rimarrà infatti negativo nel 2025 (-0,6%) e nel 2026 (-0,5%), con una previsione di export in lieve crescita (+0,3%) e import in aumento più marcato (+2,6%).

A livello settoriale, le imprese manifatturiere appaiono più esposte, mentre i comparti farmaceutico (in parte esente dai dazi) e agroalimentare mostrano una maggiore resilienza, grazie alla diversificazione geografica e all’elevato valore aggiunto dei prodotti.



L’INDUSTRIA ITALIANA È ANCORA DEBOLE


Dopo due mesi di crescita la produzione industriale italiana cala molto più del previsto in agosto con una flessione di -2,4% m/m e del -2,7% a/a. I dati estivi sono tipicamente volatili e la lettura potrebbe aver quindi risentito anche di anomalie stagionali e statistiche: la pesante flessione dovrebbe essere quindi interpretata con cautela e potrebbe essere riassorbita nei mesi seguenti.

Nel complesso però la forza sottostante dell’industria italiana è ancora fragile: le indagini di fiducia sembrano suggerire che il punto di minimo del settore sia stato superato, ma non forniscono ancora chiare indicazioni di svolta. Inoltre, l’impatto dei dazi USA non dovrebbe essersi ancora pienamente manifestato e potrebbe diventare più tangibile dai dati dei prossimi mesi.



ASIA E MERCATI EMERGENTI: LA CINA TIENE, L’INDIA RALLENTA


Sul fronte asiatico, il quadro resta eterogeneo. La Cina ha mantenuto una crescita superiore alle attese (+4,8% stimato per il 2025), nonostante i dazi statunitensi e la crisi del settore immobiliare. L’espansione è trainata dai servizi digitali e finanziari e da una ripresa dell’export non diretto verso gli USA (+11,7% a/a nel bimestre luglio–agosto).

Tuttavia, segnali di rallentamento si fanno strada: consumi e investimenti interni hanno perso slancio durante l’estate e l’effetto dei dazi “reciproci”, sospesi solo temporaneamente, potrebbe emergere nei prossimi mesi.

Diversa la situazione dell’India, dove la crescita rischia di subire un rallentamento a causa dei nuovi dazi statunitensi del 25% sulle importazioni, raddoppiati al 50% per i prodotti petroliferi di origine russa. Secondo le stime del governo indiano, l’effetto potrebbe ridurre la crescita del PIL di 0,5-0,6 punti percentuali nell’anno fiscale in corso.



OUTLOOK: PRUDENZA E ADATTAMENTO RESTANO LE PAROLE CHIAVE
 

Il quadro che emerge dal terzo trimestre 2025 è quello di un commercio mondiale in fase di assestamento. I dazi, pur contenuti, rappresentano un freno alla piena ripresa, mentre la domanda interna europea resta in consolidamento.

Per l’Italia, il percorso di crescita resta fragile ma non compromesso: la ripresa industriale e la diversificazione geografica dell’export sono elementi che possono attenuare l’impatto delle tensioni commerciali.

Nei prossimi mesi, le imprese italiane saranno chiamate a rafforzare la propria competitività attraverso:

  • una gestione più efficiente dei flussi import-export;
  • strategie di copertura dal rischio cambio;
  • investimenti in innovazione e digitalizzazione.

Il sistema produttivo italiano ha già dimostrato, negli ultimi anni, una notevole capacità di adattamento agli shock esterni. Anche in un contesto di dazi, volatilità e domanda globale debole, la strategia per il futuro resta la stessa: puntare sulla qualità, sulla diversificazione e sul valore del Made in Italy come fattori distintivi nei mercati internazionali.


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