Nel panorama del commercio internazionale, il 2025 si sta rivelando un anno di transizione e riequilibrio. Dopo una prima parte in cui le economie avanzate hanno registrato ritmi di crescita positivi, la seconda metà dell’anno mette in evidenza un quadro più complesso: la domanda globale rallenta, l’effetto dei dazi statunitensi inizia a farsi sentire sulle esportazioni europee e il ciclo industriale resta in cerca di nuovo slancio.
In questo contesto, lo scenario macroeconomico di settembre elaborato dal Research Department di Intesa Sanpaolo rileva come i flussi di import-export stiano attraversando una fase di stabilizzazione: l’Europa resiste, ma senza slanci, mentre l’Italia mantiene un profilo di crescita contenuto grazie al contributo di settori e mercati extra-UE più dinamici. I prossimi mesi saranno cruciali per comprendere se l’accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti, raggiunto a fine luglio, riuscirà a consolidare la fiducia e ad attenuare l’impatto dei dazi, o se le tensioni commerciali inizieranno a pesare maggiormente sull’attività manifatturiera.
L’articolo analizza i principali trend dei flussi commerciali nel terzo trimestre 2025, con uno sguardo specifico all’andamento dell’economia europea, all’impatto dei dazi sull’export italiano e ai segnali di stabilizzazione per l’industria che emergono nonostante un contesto globale ancora incerto..
L’ECONOMIA EUROPEA RESISTE, MA IL COMMERCIO RALLENTA
Dopo un primo semestre in media migliore delle attese, la crescita dell’area euro inizia a mostrare segnali di rallentamento, condizionata da una domanda globale in indebolimento e da un contesto commerciale appesantito dai dazi statunitensi.
Il PIL dell’Eurozona è atteso crescere dell’1,2% nel 2025, una revisione al rialzo rispetto alle stime precedenti, grazie ai buoni risultati dei primi mesi dell’anno. Tuttavia, il ritmo di espansione dovrebbe rallentare nella seconda parte, in un contesto in cui le esportazioni iniziano a risentire della frenata della domanda mondiale.
L’accordo commerciale raggiunto tra Unione Europea e Stati Uniti a fine luglio ha contribuito a ridurre parte dell’incertezza che aveva frenato i mercati nei mesi precedenti, stabilizzando il dazio medio effettivo sull’export europeo verso gli USA intorno al 14% con un impatto diretto sul PIL dell’area euro quantificabile in circa -0,3%, distribuito su un orizzonte biennale.
Nei prossimi mesi, l’effetto dei dazi si farà sentire più chiaramente sui dati di attività, con una possibile contrazione dei volumi commerciali a partire dal secondo semestre. La domanda interna, sostenuta dai precedenti tagli dei tassi e dall’espansione fiscale in Germania, potrebbe compensare parzialmente la debolezza dell’export, ma un ritorno a ritmi di crescita moderati è atteso solo dal 2026.
GERMANIA: RIBILANCIAMENTO INTERNO E IMPATTO DEI DAZI
La Germania, principale economia dell’Eurozona e hub industriale europeo, sta ancora attraversando una fase di debolezza. Dopo un primo semestre caratterizzato da forti oscillazioni, il PIL tedesco dovrebbe crescere dello 0,3% nel 2025, con un rimbalzo all’1% solo nel 2026.
Nel terzo trimestre 2025, l’export dovrebbe iniziare a risentire maggiormente dell’aumento dei dazi statunitensi, con un livello medio effettivo stimato intorno al 14%. Tale incremento, unito all’apprezzamento dell’euro e alle note difficoltà strutturali del settore, pesa sulle esportazioni manifatturiere, soprattutto nei comparti automobilistico e meccanico. Tuttavia, le prospettive di stabilizzazione della domanda interna — sostenuto dagli incentivi fiscali nel settore dei beni strumentali e dai programmi di investimento infrastrutturale — rappresenta un elemento di sostegno.
Le indagini di fiducia mostrano un progressivo miglioramento delle aspettative nel comparto manifatturiero, suggerendo che la fase più acuta della crisi industriale potrebbe essere stata superata. Gli investimenti in tecnologia e armamenti, stimolati anche dalle nuove misure pubbliche, contribuiscono a creare le condizioni per una ripresa più solida a partire dal 2026.
FRANCIA: EXPORT SOSTENUTO DAI SETTORI AERONAUTICO E NAVALE
In Francia, il commercio estero mostra una dinamica diversa rispetto al resto dell’Eurozona. L’esposizione limitata ai dazi statunitensi (con un impatto stimato di appena -0,2% sul PIL) consente al Paese di mantenere una posizione relativamente più favorevole.
La crescita del PIL francese per il 2025 è stimata allo 0,7%, grazie al contributo positivo dell’export aeronautico e navale, che dovrebbe beneficiare della ripresa nelle consegne di Airbus e dell’attività nella cantieristica navale. Tuttavia, la domanda interna resta debole, frenata da un contesto politico più incerto e da un aumento dei costi di finanziamento.
Nonostante questi fattori, la Francia mantiene un ruolo chiave nella tenuta dell’export europeo, fungendo da traino in alcuni comparti ad alta tecnologia e nei beni di lusso, settori in cui le imprese italiane e francesi continuano a cooperare all’interno delle catene del valore continentali.